lunedì 30 dicembre 2013

Born.

"Sono nato in una notte d'inverno, 
in una valle di speranze e promesse."


mercoledì 11 dicembre 2013

Lame argentate.

Mi ritrovai sommerso dalla tristezza. Tutto era sbagliato. Tutto era contro di me. Forse la cosa sbagliata ero io. Io che non mi son trovato mai bene in mezzo alla gente. In mezzo a quelle persone che mi guardavano in modo così strano. Con disprezzo. O forse tutto ciò era frutto della mia immaginazione. Io che mi sentivo sbagliato e non che le persone mi vedessero sbagliato. Non mi son mai sentito appartenente a questo mondo. Mi sono sempre sentito diverso. Sbagliato. Un errore. Così, quando sto già male di mio, tendo a farmene ancora. Mi autodistruggo. Mi disprezzo da solo. Allora c’è solo una cosa da fare, aprire la scatola. Aprire quella scatola che conteneva quel piccolo oggetto sottile e argentato. Lucido. Brillante. Una lametta. Una lama che per un secondo mi fa scappare da tutto ciò. Allora mi misi sul letto. Controluce potevo vedere i segni dei tagli, ormai cicatrizzati e invisibili agli altri. Avvicinai la lama all’avambraccio stringendola forte tra il pollice, l’indice e il medio. La mano come quella di un chirurgo, immobile. Avvicinai la lama sempre più. Sentii il freddo della lama. La sentii la lama. Sentivo il filo così affilato da poter tagliare qualsiasi cosa come fosse burro. Allora iniziai a premere. La lama mi lacerò dapprima la pelle, poi la carne. Nessuna paura in quel momento. Nessun disprezzo. Nessun tipo di odio. Solo un taglio. Un taglio netto e profondo. Ripetei l’operazione altre due volte. Ogni volta allo stesso modo. Sentendo la lama scorrere tra la pelle e la carne. Il sangue che fuoriusciva, macchiandomi la pelle. Disegnando un quadro su di essa. 
Subito dopo il panico. La paura. Paura di potermi fare male davvero. Paura di aver fatto una cazzata. Il sangue non si fermava, continuava a scorrere, ricoprendomi il braccio. Le lacrime facevano altrettanto uscendo dai miei occhi, affogando il mio viso. Premetti forte sui tagli, dopo aver gettato la lama per terra macchiando il pavimento. Il sangue iniziò a fermarsi. Il mio cuore si rasserenò. Passato tutto mi promisi, come ogni altra volta, di non rifarlo. Ma come ogni altra volta, lo rifarò.

sabato 7 dicembre 2013

È l'ora di schiacciare le insicurezze, le tue.

Apro le pagine, le tue pagine. 
Nuova persona, quella di cui parli da un po', da qualche mese. 
Le sensazioni son le stesse. Le sensazioni che trasmetti, quelle che si percepiscono fra le parole, fra le righe. 
Dolore. 
Dolore che ti è stato causato. E mi spiace, cazzo se mi spiace. Ti ho vista diventar così sicura di te. Da un "non andartene" ad un "devo andare". E cazzo, come ero fiero di te, nonostante il mio dispiacere per la perdita. 
Così debole e fragile, poi così forte e sicura. 
Ed ora?! Punto e a capo. Nuovo capitolo, un po' plagiato da quello vecchio. E scrivo di te tra una stazione metropolitana ed un'altra, mentre mi attende un boccale di birra, colmo, con la schiuma che strabocca e un po' cola, segnandolo, quel boccale. Un po' come il dolore ha segnato e sta segnando te, il tuo cuore. 
E son quasi triste per te, ché ho sempre lottato per renderti forte, per schiacciare quelle insicurezze che ti limitavano, che se ne son andate e son tornate, forse più forti di prima. 
Ed è ora che vadano fra l'incudine e il martello, sotto un macigno, che pesi dieci volte di più, dieci volte di più di quelle insicurezze. Ché non te lo meriti e devi esser felice e spensierata. 
Perché ti auguro di trovarlo un martello abbastanza forte, un macigno abbastanza grosso, per schiacciarle del tutto, le tue insicurezze e il tuo dolore. 

martedì 3 dicembre 2013

G-g-generazione.

Siamo la generazione che critica le generazioni future, senza un minimo di autocritica. 
Noi siamo il loro esempio, quindi qualcosa di sbagliato l'abbiamo fatto pure noi. 
Siamo la generazione dei "grandi uomini", che in realtà sono ancora " piccoli ragazzini, e delle "piccole donne", che si sottovalutano troppo e che si piangono addosso. 
Anche noi abbiamo bruciato tappe, anche noi in terza media ci nascondevamo al parco per "fumare" una sigaretta, anche noi ci pensavamo chissà quanto grandi. 
Siamo la generazione dei finti rapper, dei falsi hipster, degli alternativi non più così alternativi. 
Siamo la generazione dai capelli tinti, dalla pelle macchiata di tatuaggi, dalle pelle bucata dai piercing. 
Siamo la generazione che preferisce una canzone alle rassicuranti parole di un amico. 
La generazione delle troppe manifestazioni, senza organizzazione e fondamenta. 
Siamo la generazione delle discoteche, dei rave, delle pogate. 
Siamo la generazione che preferisce una "scopata" ad una serata romantica e tranquilla. 
La generazione del "ti amo" detto troppo presto, quasi mai provato, quasi sempre inventato. 
La generazione delle canne e dell'MDMA, per sentirsi liberi e ribelli. 
Siamo la generazione piena di difetti, ma che vuol far credere altro.