lunedì 12 settembre 2016

Sai, ogni tanto ci penso a me, a te, a noi, alle giornate passate assieme, a quelle che vivremo e a come saranno. 
Penso a quando abbiamo fatto l'amore l'ultima volta nel tardo e afoso pomeriggio milanese: noi, le lenzuola sfatte, il sudore, gli sguardi e le carezze, i baci e i colpi di reni, i morsi e i gemiti. 
Penso a come sei quando dormi, che sembri così serena e a come sei appena sveglia, col muso imbronciato che rimani lo stesso bellissima. 
Penso alle nottate perse a pensarti, alle volte che mi son svegliato la notte per cercarti nel letto e che, purtroppo, non ti ho trovata. 
Penso alle tue labbra, al tuo neo così caratteristico. 
Anzi, a entrambi i tuoi nei così caratteristici: quello sul viso, poco più in su del labbro e all'altro un po' più intimo.
Penso alle storie sulla tua pelle fatte di inchiostro nero e rosso che ho potuto toccare con mano. 
Penso a che ne sarà di noi domani, fra un mese, un anno. 
Penso a quanto sia stato fortunato a trovarti nella smisuratezza di internet. 
Milioni di utenti e poi, eccoti, lì: puff. 
Penso alle parole che non ti ho mai detto, ma che prima o poi ti dirò. 
A quelle che ti ho detto senza pensarci due volte, che magari me ne sono subito pentito. 
Penso a quella volta che abbiamo litigato, ma che subito dopo ci siam ritrovati in un sol corpo. Un nodo di braccia, gambe, morsi, unghie, sudore, gemiti, cazzo e figa, perdona la volgarità, io dentro di te, tu, in qualche modo, dentro me. 
I tuoi capelli profumati, i tuoi occhi bellissimi e le tue curve. Dio solo sa quanto mi facciano impazzire le tue curve. 
La tua cazzo di fissazione per Sociologi conosciuti solo per aver inventato un termine. 
Penso a tutto questo e dico che sono fortunato che una come te non l'avrei trovata neanche se avessi potuto costruire io stesso una persona. 
A me. 
A te.
A noi.

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