Sai, ogni tanto ci penso a me, a te, a noi, alle giornate passate assieme, a quelle che vivremo e a come saranno.
Penso a quando abbiamo fatto l'amore l'ultima volta nel tardo e afoso pomeriggio milanese: noi, le lenzuola sfatte, il sudore, gli sguardi e le carezze, i baci e i colpi di reni, i morsi e i gemiti.
Penso a come sei quando dormi, che sembri così serena e a come sei appena sveglia, col muso imbronciato che rimani lo stesso bellissima.
Penso alle nottate perse a pensarti, alle volte che mi son svegliato la notte per cercarti nel letto e che, purtroppo, non ti ho trovata.
Penso alle tue labbra, al tuo neo così caratteristico.
Anzi, a entrambi i tuoi nei così caratteristici: quello sul viso, poco più in su del labbro e all'altro un po' più intimo.
Penso alle storie sulla tua pelle fatte di inchiostro nero e rosso che ho potuto toccare con mano.
Penso a che ne sarà di noi domani, fra un mese, un anno.
Penso a quanto sia stato fortunato a trovarti nella smisuratezza di internet.
Milioni di utenti e poi, eccoti, lì: puff.
Penso alle parole che non ti ho mai detto, ma che prima o poi ti dirò.
A quelle che ti ho detto senza pensarci due volte, che magari me ne sono subito pentito.
Penso a quella volta che abbiamo litigato, ma che subito dopo ci siam ritrovati in un sol corpo. Un nodo di braccia, gambe, morsi, unghie, sudore, gemiti, cazzo e figa, perdona la volgarità, io dentro di te, tu, in qualche modo, dentro me.
I tuoi capelli profumati, i tuoi occhi bellissimi e le tue curve. Dio solo sa quanto mi facciano impazzire le tue curve.
La tua cazzo di fissazione per Sociologi conosciuti solo per aver inventato un termine.
Penso a tutto questo e dico che sono fortunato che una come te non l'avrei trovata neanche se avessi potuto costruire io stesso una persona.
A me.
A te.
A noi.
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